
La ghianda e la quercia: il potenziale già dentro di noi
Ogni quercia nasce da una ghianda.
Dentro quella piccola forma semplice è già contenuto tutto: le radici che affonderanno nella terra, il tronco che resisterà al vento, la chioma che si aprirà al cielo.
La ghianda non ha bisogno di cercare fuori la propria identità: porta già dentro di sé la visione e le risorse per diventare quercia. Ma da sola non basta.
Una ghianda caduta sul cemento non germoglia. Una ghianda mangiata da uno scoiattolo non avrà futuro. Per crescere ha bisogno di un terreno fertile, di acqua, di luce.
Allo stesso modo, ciascuno di noi custodisce dentro di sé il seme della propria quercia. Ma perché quel seme diventi realtà, servono condizioni favorevoli, cura e continuità.
Cercare fuori o lavorare dentro?
Molti cercano forza, sicurezza, motivazione in ciò che è esterno: un riconoscimento, una parola, un risultato immediato. Ma la verità è che – come la ghianda – ciò che può renderci “quercia” non arriva da fuori: è già dentro di noi.
Le cose esterne sono importanti, sì, ma solo come strumenti: l’ambiente giusto, il Maestro, i compagni, la disciplina quotidiana sono il terreno e l’acqua che aiutano il seme a crescere. Non sono il fine, ma i mezzi. Nessuno di questi elementi, però, può sostituire ciò che il seme porta in sé, né può creare dal nulla ciò che non è già presente.
La parte più difficile non è trovare fuori ciò che manca, ma avere il coraggio di guardarsi dentro con onestà. Questo significa duro lavoro, autoanalisi, profondità, oggettività. È un atto di coraggio che molti evitano, preferendo la comodità di cercare soluzioni immediate all’esterno.
Il rischio è scambiare gli strumenti per il risultato: credere che basti cambiare dojo, Maestro o compagni per trasformarsi, quando in realtà questi sono solo i mezzi che permettono al nostro potenziale di emergere. La ghianda non diventa quercia per merito dell’acqua: l’acqua le permette solo di diventare ciò che è già.
Il Karate come terreno fertile
Il Karate diventa proprio quel terreno che permette alla “ghianda interiore” di crescere.
Non aggiunge nulla dall’esterno, ma crea lo spazio e le condizioni perché ciò che c’è già dentro possa emergere. È uno strumento, non una destinazione.
Ogni Kata, ogni gesto ripetuto, ogni silenzio in seiza è un atto di coltivazione. È il tempo che dedichi al tuo seme interiore, per renderlo radice, tronco e chioma.
Il lavoro costante sul corpo diventa disciplina per la mente-cuore. La concentrazione e il rispetto non sono semplici regole: sono acqua e luce che nutrono la crescita. Ma ricorda: l’acqua non crea la quercia, le permette solo di diventare se stessa.
Nel dōjō impariamo che ogni ripetizione è una stagione della nostra crescita. Come la quercia che attraversa inverni e primavere, così il karateka sviluppa la propria forza interiore attraverso momenti di fatica e di risveglio, sempre rimanendo fedele alla propria natura essenziale.
Attenzione però: il dōjō, il Maestro, i gradi, le competizioni sono tutti strumenti preziosi, ma rimangono strumenti. Se li confondiamo con il fine ultimo - che è la realizzazione di ciò che già siamo - rischiamo di perdere la strada. La cintura nera non è la quercia: è solo uno degli strumenti che ha permesso alla quercia di crescere.
La teoria della ghianda di James Hillman
Questo parallelismo non è nuovo. Lo psicologo e filosofo James Hillman, nel suo libro Il codice dell’anima, ha parlato della “teoria della ghianda”: ognuno di noi nasce con un potenziale unico, come la ghianda porta già dentro di sé la quercia.
Secondo Hillman, la vita non è un processo di aggiunta, ma di svelamento. Non dobbiamo diventare qualcun altro, ma permettere a ciò che già siamo – in profondità – di trovare spazio per manifestarsi.
Il compito dell’educazione, della pratica e anche del coaching è proprio questo: aiutare la persona a creare le condizioni per far emergere il proprio disegno interiore, senza soffocarlo con modelli esterni o aspettative che non le appartengono.
Hillman ci ricorda che ogni persona ha un “daimon”, una vocazione unica che aspetta di essere riconosciuta e coltivata. Nel Karate, questo daimon si manifesta attraverso il nostro stile personale, il nostro modo di interpretare la tecnica, la nostra particolare comprensione della Via.
Diventare quercia
Diventare quercia non significa cambiare natura, ma realizzare ciò che siamo.
Il Karate ci insegna che non esistono scorciatoie: la crescita è un processo lento, radicato, che richiede disciplina e continuità.
E proprio come la quercia, che ha bisogno di resistere alle intemperie per diventare solida, anche noi dobbiamo restare nella Via, attraversare le difficoltà, osservare i nostri limiti e continuare a coltivare.
La bellezza di questo processo è che ogni karateka diventerà una “quercia” diversa: chi svilupperà radici più profonde nella tecnica, chi una chioma più ampia nella comprensione filosofica, chi un tronco più solido nella determinazione. Ognuno secondo la propria natura interiore.
L’importanza del tempo nella crescita
Come la quercia ha bisogno di decenni per raggiungere la sua maestosità, così il vero Karate si sviluppa nel tempo lungo. Non è una questione di anni di pratica segnati sul certificato, ma di qualità della coltivazione.
Alcuni semi germinano rapidamente ma hanno radici superficiali. Altri richiedono più tempo, ma sviluppano una struttura che può resistere a qualsiasi tempesta. Il Karate autentico appartiene alla seconda categoria.
Una domanda per te
Se tu fossi una ghianda, quale parte della tua quercia sta già crescendo?
E quale radice, invisibile agli altri ma essenziale, ha bisogno oggi della tua attenzione, del tuo lavoro e della tua cura?